La Missione è sempre un dono


La Missione è sempre un dono (Intervista con don Aldo Fonti, il Ponte, 21.10.2012)

“La visita a una missione è sempre un dono del Signore: ogni volta si riceve molto più di quanto si porti”.
Il commento di don Aldo Fonti, reduce da una recente visita in Albania, è accompagnato da un sorriso che dà luce agli occhi. Il direttore di Missio Diocesana non riesce a nascondere la speranza per il futuro, che su alcuni aspetti è già certezza.

Cosa ha trovato in Albania e nella missione riminese?
“Ogni volta mi colpisce veder nascere e crescere una Chiesa dal primo annuncio. Quella che domani sarà una comunità numerosa e articolata in gruppi di apostolato e in strutture, oggi, sul nascere, è una piccola realtà dove si contano molte persone battezzate. Non va dimenticato che lì la nostra Chiesa muove i primi passi in un paese che esce da una storia diffìcile. Ho fatto questo viaggio insieme al Vescovo in settembre, giungendo a Berat nella notte tra sabato 8 e domenica 9. Dopo la preghiera del mattino abbiamo dedicato la prima parte della giornata ad una riunione con don Giuseppe Tosi, responsabile della missione e successore di don Giovanni Vaccarini, e poi con l’équipe missionaria riminese. Don Giuseppe ha relazionato sull’andamento della missione vista nella sua globalità, sottolineando l’importanza di uniformare la pastorale nelle tre comunità presenti in loco. Nella seconda parte dell’incontro, con la presenza di tutta l’équipe, sono state presentate al Vescovo diverse relazioni sullo stato dei tre centri della missione. L’Eucarestia celebrata nel pomeriggio a Berat in una struttura delle suore Maestre Pie Filippini con la presenza delle tre comunità e la successiva festa preparata dai giovani della missione sono state l’esempio più eloquente di questo cammino di una sola Chiesa. Il lunedì, dopo l’inaugurazione da parte del Vescovo dell’anno scolastico nel collegio delle suore Maestre Pie Filippini, abbiamo fatto visita alla “comunità madre” di Kucova. Mi piace definirla ‘madre’, Perché proprio lì, diciannove anni fa, è nata la nostra missione diocesana. Per il pranzo comunitario, a Kucova, abbiamo avuto la gioia di avere ospite il Vescovo locale, Monsignor Hill Kabachi, il quale ha annunciato il progetto di elevare la missione con sede a Berat a rango di parrocchia. Sono tutti elementi positivi, che mi portano a pensare che si stiano muovendo i primi passi verso una Chiesa sempre di più ‘albanese’: una figlia che, come deve essere in ogni famiglia, ad un certo punto del suo percorso di vita dovrà saper volare da sola. Si spera, infatti, che gradualmente riesca ad essere sempre più autonoma da Rimini, che possa autogestirsi. In fondo l’obiettivo di ogni missione è proprio questo: fondare una Chiesa e sostenerla fino a quando potrà dirsi autoctona, locale e meno dipendente dalla Chiesa che l’ha fondata. La ricchezza del primo annuncio, esempio nell’evangelizzazione di antica cristianità come è la nostra è un processo di secolarizzazione che chiede missionari animati dallo stesso entusiasmo di chi, all’inizio, veniva inviato in ‘terra di missione’. Anche per questo motivo le visite alla missione fanno bene alle persone che le realizzano.”

Il Vescovo Francesco con don Aldo (a sinistra) e don Giuseppe (a destra)Il Vescovo Francesco concelebra con don Aldo (a sinistra) e don Giuseppe (a destra) in un tendone esterno allestito a Berat per la celebrazione con le tre comunità riunite.


E per il futuro?
“Prevedo una crescita della missione. Non solo dal punto di vista numerico e di strutture, ma anche per la capacità di autonomia e autogestione. Qui a Rimini è urgente rilanciare la missione diocesana a tutti i livelli di Chiesa, affinché ritorniamo a sentirla nostra. Un clima che probabilmente c’è stato nei primi anni (dico ‘probabilmente’ perché non ero ancora in diocesi). Oggi, purtroppo, sento molta indifferenza. Per questo motivo ritengo sia indispensabile un importante lavoro di informazione e animazione. Nelle parrocchie, nelle associazioni, nei gruppi di base. Perché la Chiesa riminese deve ritornare ad amare l’esperienza missionaria in Albania, riabbracciandola e sostenendola con lo stesso amore che si riserva ad una figlia”.

Maria Cristina Muccioli

> Articolo originale (PDF)

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